Il progetto di ricerca COLVID

A fronte dell’emergenza da COVID-19, il settore sanitario ospedaliero del Canton Ticino ha subito una profonda riorganizzazione: fin dall’inizio della pandemia l’Ospedale La Carità di Locarno e la Clinica Luganese sono diventati ospedali COVID-19, interi reparti sono stati spostati, altri sono stati provvisoriamente chiusi, l’attività chirurgica elettiva è stata sospesa. Questa riorganizzazione ha imposto la riallocazione di molti operatori, che si sono ritrovati a lavorare in reparti o addirittura in sedi diverse, con altre mansioni rispetto a quelle abituali. Oltre a questa riorganizzazione, i professionisti sanitari hanno dovuto lavorare in condizioni stressanti, mettendo da parte la propria vita privata in favore della salute e del bene pubblico. All’aumento dell’impegno lavorativo si sono aggiunte le problematiche morali che gli operatori sanitari hanno dovuto affrontare nell’esercizio della loro professione nei reparti COVID, così come la paura del contagio per sé e indirettamente per i propri famigliari.

In questo contesto di riorganizzazione delle attività lavorative e del loro inasprimento, la collaborazione tra gli operatori sanitari è emersa come un elemento fondamentale del successo della gestione della pandemia. Eppure essa non era affatto scontata, alla luce delle condizioni di emergenza e incertezza in cui le persone si sono ritrovate ad operare.

Il progetto di ricerca COLVID si è posto come obiettivo quello di studiare l’impatto della pandemia di COVID-19 sulle attitudini alla collaborazione interpersonale dei lavoratori del settore ospedaliero in Ticino e sulle condizioni che hanno permesso l’espressione di queste attitudini attraverso tre studi distinti e successivi - uno quantitativo, uno qualitativo e uno sperimentale - realizzati tra il mese di marzo 2020 e il mese di ottobre 2022 .




Studio quantitativo

Il primo studio quantitativo, prettamente descrittivo, si è posto come obiettivo quello di analizzare il vissuto degli operatori sanitari durante la prima ondata di COVID-19 in Canton Ticino e di confrontarlo con quello dei loro omologhi oltre confine, in Lombardia. Questa prima analisi è stata realizzata ultilizzando una banca dati raccolta tra il 14 e il 16 marzo 2020 dalla Dr.ssa Laura Uccella, caposervizio all’EOC e partner del progetto COLVID. Il questionario è stato diffuso tramite social networks. Sono state raccolte circa 3000 risposte di cui circa 700 da parte di professionisti sanitari operanti in Canton Ticino e circa 800 da parte di professionisti sanitari operanti in Lombardia. Il dataset contiene numerose informazioni socio-demografiche (genere, età, professione, residenza). Include inoltre domande relative alla percezione dello stress e del benessere individuale ivi comprese domande sulla qualità del sonno, dell’alimentazione e sugli stili di vita (attività sportiva, consumo di tabacco etc.). Contiene inoltre domande relative alla percezione dello stress e del benessere individuale ivi comprese domande sulla qualità del sonno, dell’alimentazione e sugli stili di vita (attività sportiva, consumo di tabacco etc.).

Lo studio quantitativo ha indicato una serie di tematiche che sono poi state esplorate nel successivo studio qualitativo.

Studio qualitativo

Il secondo studio ha adottato un approccio qualitativo al fine di esplorare retrospettivamente l’esperienza di collaborazione dei lavoratori ospedalieri durante le ondate di COVID-19. I dati sono stati raccolti tra il mese di aprile 2021 e il mese di dicembre 2021 tramite interviste condotte online adottando l'approccio della Grounded Theory. Per selezionare i partecipanti sono stati adottati i criteri dell’intensity sampling, così da cogliere le esperienze di collaborazione più vivide, e del maximum variation sampling, al fine di poterne esplorare le varie sfumature. 

Sono stati dunque intervistati i professionisti sanitari che avevano lavorato durante la pandemia presso i reparti più fortemente sollecitati in termini di collaborazione, e cioè le cure intense, il pronto soccorso, l’anestesia e la medicina interna. Si è inoltre vegliato alla diversificazione del campione in termini di genere, residenza (residenti, frontalieri), ospedale in cui si è prestato servizio durante la pandemia, reparto di attività durante la pandemia (covid, non covid), professione (medico, infermiere), statuto (con responsabilità o senza) ed età.

Il campione finale consta di 29 persone (14 donne, 15 uomini; 21 infermieri, 8 medici). Previo consenso, l’intervista con ognuno di loro è stata registrata, trascritta integralmente, anonimizzata e analizzata attraverso il metodo della comparazione costante.

I partecipanti si sono prestati ad un’intervista semi-strutturata online. Previo consenso, questa è stata registrata, trascritta integralmente, anonimizzata e analizzata attraverso il metodo della comparazione costante.I risultati di questa analisi di contenuto hanno permesso di formulare solide ipotesi sulle leve e sugli ostacoli alla collaborazione in tempi di crisi, testate attraverso il successivo studio sperimentale.







Studio sperimentale

I risultati dello studio qualitativo sono stati testati durante un secondo studio di tipo sperimentale. In questo caso abbiamo indagato la propensione alla collaborazione dei lavoratori ospedalieri attraverso un public good game (PGG).  Il PGG è un gioco standard delle scienze sociali sperimentali. Nel gioco di base i soggetti ricevono una piccola somma iniziale di denaro e devono decidere quanto mettere in una «cassa comune». Le risorse trasferite nella cassa comune vengono moltiplicate per una costante e divise tra i partecipanti al gioco. Ogni partecipante tiene per sé le risorse che non ha trasferito alla cassa comune.

 Il PGG è stato giocato in diverse “condizioni sperimentali” (i cosiddetti trattamenti). Più nello specifico, abbiamo manipolato sperimentalmente le diverse condizioni di gioco (in un design sperimentale within subjects). Nella prima condizione di gioco (baseline) i partecipanti hanno giocato il classico PGG con 10 ripetizioni. 

Nella seconda condizione di gioco (recognition) il miglior contribuente visualizzava sullo schermo due mani che applaudivano. 

Nella terza condizione i partecipanti vedevano sullo schermo un cronometro e dovevano effettuare le proprie scelte in un tempo definito. Nella quarta condizione i partecipanti alla fine dei 10 round di gioco ricevevano la notizia (fino a quel momento non attesa) che avrebbero dovuto giocare per 10 ulteriori rounds (surprise). In ogni sessione sperimentale l’ordine delle condizioni di gioco è stato randomizzato per evitare effetti di ordine nei risultati. Il gioco è stato seguito da un questionario. Per i partecipanti al gioco  si sono raccolti anche alcuni indicatori biometrici come la frequenza cardiaca.

Sono state raccolte circa 1600 osservazioni da 80 soggetti in 3 sedi EOC.


Punti chiave
  • Interdipendenza e importanza del gruppo.
  • Sforzo stra-ordinario.
  • Riconoscimento.

Risultati dello studio quantitativo

Guardando ad alcune statistiche descrittive, il 31% del campione riporta di aver avuto problemi di
salute nel periodo in analisi, il 5% riporta di aver ridotto l’attività fisica, il 70% di aver avuto problemi di sonno, il 33% problemi alimentari, il 32% dei fumatori dichiara di aver fumato di più. Rispetto alle caratteristiche comportamentali, il 43% del campione dichiara di aver avuto meno fiducia nel futuro rispetto al periodo precedente.  Per l’analisi descrittiva dei dati è stato utilizzato un modello Logit ovvero un modello di regressione nonlineare utile per stimare le correlazioni tra una variabile dipendente di tipo dicotomico (ovvero binaria), una variabile esplicativa  e un set di controlli. Scopo del modello è stabilire la probabilità con cui un'osservazione può generare uno o l'altro valore della variabile dipendente.

La figura  sopra riassume graficamente i risultati del modello Logit applicando heteroscedasticity-consistent standard errors. Nel modello stimato le variabili dipendenti sono: aver riportato problemi di salute, aver ridotto l’attività fisica, aver sperimentato problemi legati al sonno, aver peggiorato le proprie abitudini alimentari, aver fumato di più, aver ridotto la propria fiducia nel futuro. La variabile esplicativa è: lavorare in Ticino (=1) o lavorare in Lombardia (=0). Le variabili di controllo sono: genere (binario), età (continua), tipologia di impiego (categorica, inserita come un set di binarie con variabile esclusa “tirocinante”), aumento del tempo di lavoro (binaria), composizione famigliare (numero di membri nella famiglia), stato matrimoniale (categorico, inserita come un set di binarie con variabile esclusa “essere single”), percezione del tempo di lavoro (misurato su una scala da 0 a 5).

Per semplicità, in giallo sono riportati i modelli per i quali la variabile esplicativa è statisticamente significativa (p-value<0.005) ovvero per i quali la differenza tra operatori sanitari ticinesi e lombardi è statisticamente significativa. La figura suggerisce che gli operatori sanitari ticinesi hanno riportato un livello significativamente minore di problemi di salute, di sonno e una minore riduzione della fiducia nel futuro rispetto ai loro omologhi lombardi.

Risultati dello studio qualitativo

Dall’analisi dei dati raccolti presso i lavoratori del settore sanitario emerge la sfida immediata a cui i curanti sono stati confrontati durante la pandemia: essi hanno dovuto fornire un lavoro stra-ordinario per far fronte alle tante difficoltà poste dalla pandemia sul posto di lavoro: la paura del contagio, l’inasprimento delle condizioni lavorative, la diminuzione della qualità delle cure, l’incertezza della pianificazione, la confusione dei ruoli professionali, la de-standardizzazione dei processi decisionali, il carico emotivo, e la riduzione della propria vita privata. In tutti questi ambiti i partecipanti hanno dovuto mettere in atto numerose strategie per garantire la cura dei pazienti e il funzionamento dei servizi.

Condizioni favorevoli alla profusione dello sforzo stra-ordinario sono stati alcuni elementi microsociali (le caratteristiche della personalità dell’individuo quali la flessibilità, l’ottimismo, l’ironia, l’etica personale), mesociali (la leadership dei superiori diretti, la disponibilità di spazi per i processi comunicativi) e macrosociali (il supporto istituzionale, la presenza di informazioni puntuali e coerenti). In ultima analisi, però, il vero e proprio motore del lavoro stra-ordinario si è rivelato essere la forza del gruppo. Questo è risultato rinforzato dalla presenza di un nemico esterno (il virus), di uno scopo alto (la cura del prossimo), in uno spazio delimitato (l’ospedale), in un tempo urgente (l’ondata), in una condizione di ignoranza condivisa da tutto il team. Queste condizioni hanno permesso l’emergenza di un gruppo funzionale interconnesso, caratterizzato dall’ attenuazione delle differenze formali, dall’intensificazione delle differenze funzionali, dal superamento dei ruoli tradizionali e dall’interprofessionalità. La collaborazione interpersonale ne è uscita – paradossalmente, se si pensa al contesto di emergenza e di incertezza in cui le persone si sono ritrovate ad agire – esaltata.

Nel tempo, tuttavia, è emersa una seconda sfida, quella della legittimità del lavoro stra-ordinario. I partecipanti hanno raccontato che l’entusiasmo della prima ondata è andata man mano scemando non solo e non tanto a causa dell’affaticamento fisiologico, quanto dello svuotamento del senso dello sforzo che stavano producendo. Ad un certo punto, il lavoro stra-ordinario è apparso inaccettabile poiché si è ritenuto che fossero venuti meno i principi che lo giustificavano: l’eccezionalità dell’evento dovuto alla sua imprevedibilità e transitorietà;  il riconoscimento da parte delle gerarchie della natura stra-ordinaria del lavoro fornito; e l’impegno condiviso da parte di tutti gli attori in gioco (i curanti nella loro totalità, ma anche i pazienti e la società intera) contro il nemico comune. La scomparsa di queste tre condizioni ha rimesso in discussione il “contratto professionale” dei curanti con il paziente (contratto terapeutico), con le proprie gerarchie (contratto verticale) e con i propri colleghi (contratto orizzontale). La reazione di molti partecipanti è stata quella di un ripiegamento su di sé e della burocratizzazione dell’azione.

I risultati dello studio qualitativo presso il settore ospedaliero sono stati discussi dal team di ricerca al fine di identificare alcune ipotesi operative sulle leve e barriere della collaborazione interpersonale che potessero essere efficacemente testate nello studio sperimentale. Le ipotesi sono state pre-registrate sul sito Open Science Framework e sono disponibili a questo link insieme al piano di analisi: https://osf.io/sy78w

Risultati dello studio sperimentale

La prima parte dell'analisi dei dati raccolti è, di fatto, un'ulteriore analisi descrittiva. Si è trattato anzitutto di validare alcuni dei risultati ottenuti nell’analisi qualitativa chiedendosi se, utilizzando un algoritmo non supervisionato (random forest) applicato a tutte le risposte ottenute nel questionario, si ottenessero elementi che permettessero di confermare l'importanza di alcuni tratti comportamentali o relazionali emersi come cruciali nell'analisi qualitativa. I risultati di questa prima analisi sono visibili nella figura sopra riportata e confermano largamente le ipotesi sviluppate sulla base dello studio qualitativo. Più nello specifico l'algoritmo ha selezionato tra le prime 10 caratteristiche più significative per spiegare la capacità di collaborazione interpersonale nel PGG, la predisposizione personale alla collaborazione, la disponibilità del gruppo alla collaborazione, la qualità delle relazioni nel gruppo.

Anche i risultati dello studio sperimentale mostrano che le ipotesi qualitative sono state confermate. Come atteso, infatti, la collaborazione è, in media, più alta nel trattamento in cui coloro che contribuivano di più ottenevano un riconoscimento (recognition) e in una situazione di stress (aspetto, questo, confermato anche dal fatto che esiste una correlazione positiva e significativa con il battito cardiaco). La collaborazione è, tuttavia, significativamente inferiore quando vengono inseriti 10 ulteriori rounds a testimonianza del fatto che la collaborazione stra-ordinaria vissuta durante il COVID-19 è stata resa possibile, di fatto,  dall’eccezionalità dell’evento dovuto alla sua imprevedibilità e transitorietà.


Conclusioni

Questo studio ha voluto documentare il vissuto dei curanti durante la pandemia da COVID-19, dando voce a quanti hanno lavorato nell’emergenza e nell’incertezza per il bene di tutti. Esso ha identificato una serie di leve della collaborazione interpersonale, quale l’importanza del riconoscimento e la forza del gruppo funzionale interconnesso, caratterizzato dall’attenuazione delle differenze formali, dall’intensificazione delle differenze funzionali, dal superamento dei ruoli tradizionali e dall’interprofessionalità, il tutto orientato ad un obiettivo di alto valore umano e sociale, capace di dare senso e dignità al lavoro stra-ordinario dei singoli. Esso ha infine sviluppato una riflessione metodologica, atta a mostrare le potenzialità della ricerca interdisciplinare, che unisce metodi quantitativi, qualitativi e sperimentali per fare luce su fenomeni complessi.

Informazioni

Il progetto COLVID è stato realizzato da un gruppo interdisciplinare di ricercatori SUPSI e EOC composto da Maria Caiata Zufferey, Masiar Babazadeh, Giuseppe Landolfi, Margherita Luciani, Laura Uccella, Samuele Dell’Oca, Michel Rosselli e Valentina Rotondi, grazie ad un finanziamento della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). Per informazioni sullo studio, rivolgersi a maria.caiata@supsi.ch o valentina.rotondi@supsi.ch.